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Dario Guccio

Dario Guccio ritaglia sagome di corpi umani e contorni di oggetti quotidiani da carte, finte pelli e cartoni.

Stratifica i ritagli e, cucendoli o inchiodandoli insieme, crea composizioni complesse in cui singole figure e forme si sovrappongono e si intrecciano. Attraverso questo processo l'artista compensa la piattezza dei suoi piani pittorici, proprio come le scenografie del teatro delle marionette.

La mostra comprende una serie di opere ovali di forma identica realizzate con ritagli di cartone fissati su pannelli di legno. Divinità notturne, donne incinte, piante, orci e lo stesso artista si raccolgono in stravaganti tableau, su cui una moltitudine di chiodi martellati ricordano il cielo notturno. In due dei dipinti, ritagli del profilo dell'artista sono collegati a meccanismi che ruotano languidamente.

Guccio appartiene a una giovane generazione di artisti italiani che si sono rivolti a riferimenti visivi carichi di storia in reazione ai linguaggi dei nuovi media. L'immediatezza dei suoi riferimenti storici si manifesta, ad esempio, nell'uso dell'immaginario codificato da Novecento Italiano (il movimento artistico che tradusse il rappel a l'ordre preannunciato dal Fascismo); o la sua decostruzione del piano pittorico e l'uso di una tavolozza di colori audaci, che richiamano entrambi le indagini spazialiste di Lucio Fontana, Agostino Bonalumi e Paolo Scheggi, tra gli altri. Guccio trova in questi riferimenti un valore positivo mentre li vede come oggetti di scena nel teatro dell'italianità.

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